Continuando
nella riscoperta di ormai introvabili testi letterari o scientifici del passato
riguardanti il nostro territorio, l’Associazione culturale “Luigi Scanagatta”
di Varenna ripropone, nel centenario della pubblicazione, la ristampa
anastatica di un fascicoletto di 32 pagine scritto dal dottor Pietro Zuffardi,
geologo della Regia Università di Torino. Estratto dal Bollettino della Società
Geologica Italiana, l’opuscolo contiene la relazione della “Gita nella valle di
Esino (gruppo delle Grigne)” dei partecipanti al Congresso geologico nazionale
tenutosi a Lecco nel settembre 1911.
Molti
sono gli aspetti che ancora a distanza di un secolo rendono piacevole la
lettura del venerando resoconto. Anche chi non fosse particolarmente
interessato alla geologia – che peraltro l’autore mantiene con discrezione
sullo sfondo – non mancherà di gustare l’operetta dal punto di vista della
memoria locale e del costume: si va dalle descrizioni di paesaggi d’altri tempi
alla restituzione dello spirito di sorridente ottimismo scientifico tipico
dell’epoca a quello che oggi diventa un insolito ricordo “dal vivo” di illustri
personalità accademiche di allora, dal nostro Mario Cermenati al Taramelli, al
Camerano, al Sacco, solo per citare i nomi più famosi.
Segnaliamo
infine quello che fino a poco tempo fa è stato un piccolo mistero. A pag. 12
l’opuscolo riporta la fotografia di un fossile di Lariosaurus balsami, il celebre rettile più
antico dei dinosauri scoperto nelle cave del cosiddetto “marmo nero di Varenna”
all’incirca tra la metà dell’800 e i primi decenni del ’900; se ne conoscono in
tutto una quindicina di reperti, includendo nell’elenco anche i più modesti
frammenti. L’esemplare che compare nella foto, scoperto a Perledo nel 1891 e abbastanza
completo, è uno dei più grandi mai venuti in luce.
Nel
2002, l’Associazione Scanagatta aveva pubblicato sul Lariosaurus un esauriente
volume, comprendente tra l’altro la descrizione dettagliata di tutti i fossili
conosciuti di questa specie. Nell’elenco, però, non poté essere incluso
l’esemplare di cui sopra, che pur essendo stato citato nel 1893 dal geologo
lecchese Cermenati non fu mai menzionato né raffigurato in alcun testo
scientifico, mancando persino dal meticolosissimo censimento dei reperti di
Lariosauro effettuato da un paleontologo svizzero nel 1933. Per inciso, indagando
in proposito durante la stesura del libro, l’autore non trovò traccia del
fossile in alcuno dei principali musei d’Europa.
A favorire la soluzione dell’enigma è stata, in modo del tutto inatteso, proprio la fotografia sinora rimasta sepolta nel vecchio opuscolo, grazie alla quale verso la fine del 2011 è stato possibile rintracciare il fossile e ricostruire le sue curiose vicende. Vedi al riguardo in questa rassegna editoriale la voce “Alla ricerca del Lariosauro perduto”.
30 pagine – formato 13×20 – Euro 10,00